I film incentrati sul ricongiungimento di vecchi amici – dove accade qualcosa di straordinario – vogliono sempre discutere del passato, e come punto di partenza può essere un cambiamento nello scenario sociale e politico, evidenziando i diversi percorsi seguiti dai personaggi, o alcuni disagio che arriva anni dopo sotto forma di una grande scoperta e colpisce tutti.
Ora proiettato nei cinema brasiliani, “L’ordine del tempo” cambia un po’ questa prospettiva, aggiungendo a questa analisi della vita uno sguardo al futuro: relazioni e visioni del mondo. La vicinanza di un asteroide che potrebbe distruggere la Terra scuote un gruppo di amici di successo, tutti sulla cinquantina, che organizzano un incontro in uno splendido villaggio costiero italiano.
L’idea di una realtà che potrebbe essere distrutta da un momento all’altro contrasta con l’ambiente paradisiaco e l’atmosfera amichevole della riunione, dove la vita sembrava prendere forma, lasciandoli in una posizione sicura. La veterana regista italiana Liliana Cavani trasforma questo momento di paura per ciò che accadrà in un duro riassunto dei percorsi che ha intrapreso finora.
È molto diverso, ad esempio, da ciò che ha fatto Kenneth Branagh in For the Rest of Our Lives (1992), dove il motivo era mostrare quanto tutti siano diversi ora in termini di ciò che si aspettavano in quel momento, quando qualcuno annunciava che avevano AIDS. Era una preoccupazione molto specifica per l’epoca del film, sui difetti dell’ostentazione e su un falso senso di libertà morale e sessuale, il tutto mascherato da arroganza e meschinità.
Ora, a due decenni dall’inizio del nuovo millennio, con il pianeta che soffre di problemi ambientali sempre più gravi, l’idea di finitezza non è più inerente a un’intera generazione ma ci riguarda nel suo insieme. Non si tratta di una singola morte, che porta anche a riunioni in “Reunion” (1983) di Lawrence Kasdan e “Friends” (2013) di Lena Shami. Ma dall’uomo.
Basato sull’omonimo libro del fisico Carlos Rovelli, il regista 91enne responsabile di opere come “O Porteiro da Noite” e “A Pele”, realizza un film narrativo con un’atmosfera esistenziale, sebbene ambigua. Contenuto tragico, che rivela un grande amore per l’umanità. A parte l’amore, tutto il resto viene messo in secondo piano. I sentimenti diventano più intensi e più pronunciati, per così dire.
In un pianeta che testimonia l’ascesa dell’estrema destra, la provocazione che sollecita l’Ordine del Tempo, con la necessità di una catastrofe per rimettere le cose in ordine proprio come avveniva al tempo dei dinosauri, rimane intrigante. Questa prospettiva è mostrata attraverso il personaggio che possiede un’agenzia di investimenti e che vede che la sua dedizione non ha più nulla a che fare con la “fine del mondo”.
Il film segue la guida del regista e parte della cinematografia italiana, che utilizza il dialogo come forza trainante, il che può rendere la narrazione a volte un po’ noiosa. Ma alcune scene meravigliose suppliscono a queste mancanze, come il momento in cui gli amici ballano sulle note di “Dance Me to the End of Love” di Leonard Cohen, in un misto di gioia e tristezza.
Lars von Trier ha utilizzato il “Tristano e Isotta” di Wagner nel suo capovolgimento apocalittico in “Melancholia” (2011), ma la chiave qui è tutt’altro che operistica o cupa. È come il sole sulla spiaggia dove i personaggi si incontrano, splende sempre. Alla fine, l’impatto dell’asteroide sembra un’altra scusa per Liliana Cavani per affrontare il fatto che abbiamo bisogno di vivere momenti d’amore.