Il Papa ha detto: “Ho avuto la grazia di trovare in Mongolia una Chiesa umile e felice, nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia quando si incontrano per alcuni giorni anche nel cuore della Chiesa”. Durante il Catechismo ha ricordato i momenti principali del suo 43° Viaggio Apostolico.
Zulio Fonseca – Vatican News
Dopo le calde giornate estive, Piazza San Pietro ha accolto ancora una volta migliaia di fedeli e pellegrini per la tradizionale udienza pubblica.
Papa Francesco, durante il catechismo di mercoledì (6 settembre), ha ricordato il suo recente viaggio in Mongolia, svoltosi dal 31 agosto al 4 settembre. Il Pontefice ha esordito esprimendo la sua gratitudine a tutti coloro che hanno accompagnato con la preghiera la sua attività nel Paese asiatico. Ha espresso i suoi ringraziamenti alle autorità che lo hanno accolto ufficialmente, in particolare al presidente Khurelsukh e all’ex presidente Enkhbayar, che gli ha esteso l’invito ufficiale a visitare il Paese.
Chiesa umile e felice
Francesco ha detto di ricordare con gioia la Chiesa locale e il popolo mongolo: un popolo nobile e saggio, che mi ha dimostrato tanta gentilezza e affetto: «Oggi vorrei riceverli al cuore Ha ricordato questo viaggio.
Ci si potrebbe chiedere, come ha osservato Francesco:
“Ma perché il Papa si spinge così tanto a visitare un piccolo gregge di fedeli? Perché è proprio lì, lontano dalle luci della ribalta, che spesso si trovano i segni della presenza di un Dio che non guarda alle apparenze, ma alla il cuore.Il Signore non cerca la scena, ma il cuore semplice di chi desidera In Lui e lo ama senza essere visibile, senza volersi distinguere dagli altri.Ho avuto la grazia di trovare in Mongolia una Chiesa umile e felici, nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia nell’incontrarsi per qualche giorno anche nel cuore della Chiesa.
Appassionati predicatori del Vangelo
E il Sommo Pontefice ha messo in luce la commovente storia di quella piccola comunità cristiana sorta per grazia di Dio e attraverso lo zelo apostolico di alcuni missionari che furono inviati in quella terra sconosciuta per la loro passione per il Vangelo.
Evidenziando il duro e instancabile lavoro svolto dalla Chiesa nel corso degli anni, il Papa ha chiarito che la parola “cattolica” significa “universale”, e ha aggiunto: “Non si tratta di universalità che armonizza, ma di universalità che armonizza. ” Educa. Questo è il cattolicesimo: universale incarnato, che riconosce il bene là dove vive e serve le persone con cui convive.
Il Papa ha poi ricordato la “Casa della Misericordia” da lui inaugurata l’ultimo giorno del viaggio, primo atto di carità in Mongolia.
“Questo spazio esprime tutte le componenti della Chiesa locale: un luogo aperto e accogliente, dove la miseria di tutti può comunicare senza pudore con la misericordia di Dio che solleva e guarisce. Questa è la testimonianza della Chiesa mongola, con i missionari di diversi Paesi che si sentono uniti con persone e sono felice di servirle e scoprire che la bellezza è già lì.
“I missionari non sono andati lì per predicare, e questo non è evangelico, sono andati lì per vivere come il popolo mongolo, parlare la loro lingua, portare i valori di quel popolo e predicare il Vangelo nello stile di quella cultura” – ha aggiunto Francesco.
C’è sempre qualche ricchezza da scoprire
Il Papa ha sottolineato la bellezza dell’incontro con l’intero popolo mongolo e ha affermato che ascoltando i loro racconti ha potuto ammirare di più la ricerca religiosa che lì viveva.
Riferendosi all’incontro ecumenico interreligioso, Francesco ha sottolineato che la Mongolia ha una grande tradizione buddista, dove molte persone vivono in un silenzio che le condanna in modo sincero e radicale, attraverso l’altruismo e la lotta contro le proprie passioni.
Per Francisco è importante saper percepire e riconoscere il bene: “Molto spesso però diamo valore agli altri solo nella misura in cui corrispondono alle nostre idee. Al contrario, Dio ci chiede di guardare con sguardo aperto e benevolo, perché , senza cadere in dannosi sincretismi e facili erinie, c’è sempre qualche ricchezza da scoprire: nelle persone come nelle culture, nelle religioni come nelle nazioni.
“Per questo è importante, come fa il popolo mongolo, guardare in alto, verso la luce del bene. Solo così, sulla base del riconoscimento del bene, si potrà costruire un futuro comune; solo valorizzando l’altro”. possiamo aiutarlo a migliorare. Questo accade anche alle persone e alla popolazione. D’altra parte, Dio agisce con noi così: ci guarda con il suo amore, con fiducia, con lo sguardo del cuore.
Al termine del catechismo, il Santo Padre ha detto che è bello trovarsi nel cuore dell’Asia. Ha sottolineato quanto sia importante entrare in dialogo con quel grande continente, captare i suoi messaggi, conoscere la sua saggezza, il suo modo di vedere le cose, abbracciare il tempo e il luogo.
“È stato bello per me incontrare il popolo mongolo, che preserva le proprie radici e tradizioni, rispetta i propri anziani e vive in armonia con l’ambiente: sono un popolo che alza lo sguardo al cielo e sente il profumo del creato. Nelle sconfinate e silenziose distese della Mongolia, lasciamoci incoraggiare dalla necessità di ampliare i confini del nostro sguardo, affinché possiamo vedere il bene negli altri e poter ampliare i nostri stessi orizzonti.
Papa Francesco ha concluso il suo discorso esortando tutti: “Per favore: allargate i vostri confini, e non fatevi prigionieri della piccolezza. Lasciatevi espandere il vostro cuore, per essere vicini a tutti gli uomini e a tutte le civiltà”.