Isabel Roth e Roy Gomez nel film Anni verdidi Paulo Rocha (1963)
Non c’è mai stato un film come questo, e non ci sarà mai un film come questo. Un legame impressionante tra immagine e suono, con le corde della sofferenza di Carlos Paredes che sottolineano questo dramma di persone sradicate nei labirinti di una città che si reinventa in quei giorni di quiete illusoria che annunciavano tempi di tumulto.
È un film ispirato principalmente al cinema italiano contemporaneo. C’è molto Antonioni qui e molte partenze memorabili Dolce Vitacon l’immagine di Cristo che vola in elicottero sopra la periferia di Nuova Roma, una sorta di sorridente metafora della chiesa. Miracolo economico Italiano.
Era sicuramente un cinema interventista. Ma sul piano estetico molto più che su quello politico. Era un cinema che guardava con reverenza all’architettura, e credeva sinceramente che gli architetti fossero i nuovi profeti della modernità, capaci – con le loro linee audaci e ardite – di abbracciare il futuro e costruire le basi di una società diversa, abitata dalla modernità. Uomo nuovo.
Ciò ha portato a utopie urbane che recentemente sono diventate realtà, come è successo con la Brasilia di Oscar Niemeyer e Lucio Costa. Da qui la riverenza infantile che Paulo Rocha dimostra per l’architettura, facendo vagare i suoi personaggi costantemente nei luoghi più moderni della Lisbona degli inizi degli anni ’60: l’Avenida dos EUA, l’Avenida de Roma, la Cidade Universitária…
Come abbiamo visto in seguito, l’architettura è spesso utile ma non utile per modellare il corpo Uomo nuovoChe in realtà rimarrà increato per sempre. L’avanguardia dell’altro ieri diventa rapidamente una merce accademica obsoleta agli occhi dei nati dopodomani.
Il Cinema Nouveau rimase presto affascinato dalle proprie contraddizioni e abbracciò il tardo neorealismo (in opere come… Ape sotto la pioggiaScritto da Fernando Lopez e una promessadi Antonio de Macedo), quasi sempre in bianco e nero, come perdurante metafora di un sistema che sembrava fisso ma diventava anche specchio di confini artistici troppo angusti.
Una volta rovesciato il regime, anche i suoi oppositori in campo artistico divennero obsoleti. Sorprendente Perlamino (1964) sfugge a questo destino perché rifiuta subito di limitarsi a quella tendenza ad opporsi alla miseria della dittatura con un linguaggio artistico influenzato anche dall’infelicità delle circostanze.
Una scena del film girata in Avenida de Roma, a Lisbona, accanto alla pasticceria Suprema.
Anni verdiCon le sue evidenti debolezze, oggi mi interessa soprattutto per il suo aspetto documentaristico. Era un cinema prodotto per strada, rifiutando lo studio, anche per ispirazione italiana – e questo film, dichiarazione d’amore per Lisbona, finisce per mostrare tante rughe quanto la città stessa. In questo aspetto, come in altri aspetti, diciamo che l’arte imita la vita…
Solo pochi giorni fa mi sono fermata nel laboratorio di calzolaio di Raul/Rui Furtado, in quel seminterrato proprio accanto a Suprema: tutto esattamente come appare nel film. Tuttavia, l’apertura ora recintata non è più aperta sulla strada. Oppure Vá Vá, dove si svolge la scena finale: è quasi la stessa cosa. Al contrario, la foresta Jingal, che conoscevo bene dall’altra parte ed era luogo di pellegrinaggi gastronomici del fine settimana, è chiusa da tempo – sintomo di un’incomprensibile decadenza in una posizione privilegiata, da dove si gode la vista migliore, sulla capitale.
Il film sottolinea che dietro la Lisbona che cambia, c’è una Lisbona che resta. Altri prima di lui avevano fatto lo stesso, ma forse nessuno era stato così trasparente e mirabilmente sincero. Al suono ipnotico della chitarra di Paredes e vedere per sempre il bellissimo volto di Elda/Isabelle Roth, che sfida eternamente le intemperie con uno splendore che solo la magia del cinema può dare.
Il testo è stato ripubblicato il giorno dopo 60° anniversario Dalla prima di Anni verdi