Le prove dell’Operazione Condor in Italia erano sufficienti per dimostrare il coinvolgimento di agenti della dittatura militare brasiliana nel rapimento e nell’uccisione di militanti argentini del Montenegro scomparsi dopo essere stati detenuti in Brasile nel 1980. E’ il verdetto della Corte Ausiliare di Roma, in una sentenza firmata dal giudice Marina Finiti e resa pubblica venerdì 17.
Questa è la prima volta che un tribunale straniero si pronuncia sul merito di un caso in cui i brasiliani sono stati coinvolti in un procedimento penale. Operazione Condor, che univa il sistema repressivo della dittatura latinoamericana e che aveva già portato alla condanna dei militari, argentini, uruguaiani, cileni e paraguaiani. Nel caso brasiliano, la sentenza rivelata dal sito Opera Mundi chiarisce che solo gli imputati sono scampati all’ergastolo – così come gli imputati di altri paesi – perché morti prima della fine del processo – l’ultimo di loro, il colonnello Adila Roerchetcher, ex capo della Central Intelligence Agency (DCI). Rio Grande do Sul, Morto due mesi prima della sentenza.
Il giudice ha scritto: “Ogni analisi di testimoni e documenti mostra senza ombra di dubbio – nello stesso senso – il ruolo del Brasile in questo tragico caso e il coinvolgimento diretto e consapevole degli imputati (Marco Artelio da Silva), Reyes (Carlos Alberto ), Ponzoni e Rochester”.
Come altri imputati stranieri, i brasiliani sono stati condannati per omicidio, sequestro di persona e omicidio aggravato in Italia – con una condanna definitiva fino all’ergastolo il 9 luglio dalla Corte Suprema italiana del Kazakistan.
Una delle fonti analizzate dal magistrato è stata una registrazione audio di un’intervista al generale Agnoldo del Nero Estado. L’ex capo dell’intelligence del Center for Military Information (CIE) negli anni ’80 ha dichiarato in General 2007: “Non abbiamo ucciso, abbiamo arrestato e consegnato, non c’è stato alcun crimine”.
Il generale ha anche detto che la procedura è stata adottata “con due italiani”. Entrambi sono Lorenzo Ismail Vinas e Horacio Domingos Campiglia dall’Italia-Argentina. Essendo cittadini italiani e non essendo stati condannati in Brasile a causa della legge di amnistia, il giudice italiano ha deciso di perseguire l’imputato. Insieme a Vinas, padre George Oscar Adoor è scomparso ed è stato rapito quando è entrato in Brasile per trovare Papa Giovanni Paolo II, la sua prima visita in Brasile.
La parte degli imputati ha chiesto al giudice di riconoscere la “non colpevolezza” di Rochester e quindi di archiviare il caso a causa della sua morte. La Corte d’Assis – cui spetta la condanna dei reati gravi – esamina poi gli elementi di prova e conclude che “per effetto dell’istruzione processuale, essa non è venuta in considerazione, alla luce degli elementi che potrebbero confermare la decisione nel merito”. A favore dell’imputato”.
Il magistrato va poi ad esaminare le prove. Inizia con la testimonianza dei testimoni dell’arresto, della tortura e della morte di Vinas – il processo alla fine si è concentrato sul suo caso. Due testimoni lo hanno visto torturare nel carcere di Campo de Mayo, quartier generale del Battaglione 601, l’unità di intelligence militare argentina, “a dimostrazione della cooperazione tra Brasile e Argentina”.
La corte ha anche ottenuto un documento che riconosce la responsabilità del Brasile per il rapimento e la scomparsa di Vinas il 26 giugno 1980, al confine tra Brasile e Argentina. Il documento dei funzionari dell’esercito brasiliano mostra che l’esercito brasiliano era a conoscenza della politica di annientamento dei nemici attuata dall’esercito argentino. Tra i testimoni citati dal giudice nel caso al verdetto c’era il giornalista Marcelo Godoy Condizione, Autore di un’intervista a Del Nero.