IL Freddità Fa sapere che rispetto al 2022, lo scorso anno Coltivazione nazionale del riso Si è assistito ad una diminuzione di circa 7.500 ettari. Questo crollo è dovuto a siccità L’anno scorso ha colpito molte regioni settentrionali dove il riso è una delle colture principali. Un calo superiore al 30% nella produzione di riso ha implicazioni molto gravi per l’agroecosistema, l’economia e l’occupazione.
La coltivazione del riso in Italia
Riguarda Il terzo cereale più importante al mondo E il più consumato. In Italia ne esistono centinaia di varietà, ognuna con le proprie caratteristiche e benefici nutrizionali. L’agricoltura si sviluppa soprattutto nelle regioni che seguono il corso del fiume Po, ossia Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia, regioni dette anche “Culla del riso“.
l’intervista
Interris.it È stato intervistato Emmanuel Uche Dal Settore Azione Economica della Confederazione Nazionale Coldiretti – Settore Grandi Colture, che ha spiegato come si è verificata la perdita di raccolto e le conseguenze ambientali ed economiche.
Dottor Uche, cos’è successo l’anno scorso?
È stato un anno caratterizzato da poche precipitazioni e da intense ondate di caldo. Molti agricoltori, dopo la semina, a causa del basso livello dell’acqua nei bacini idrici, non hanno ricevuto acqua a sufficienza dai sindacati di bonifica che gestiscono l’apertura dei canali, e quindi i raccolti sono stati completamente bruciati. Tuttavia, in altre circostanze, la produzione era così bassa che non valeva la pena continuare a raccogliere perché non avrebbe coperto i costi di trebbiatura. Così nel 2022, alla fine del ciclo produttivo, siamo arrivati ad una riduzione del 30% dell’intera produzione”.
Quali conseguenze ci sono state dal punto di vista ambientale?
“La sua coltivazione garantisce veri e propri bacini idrici a beneficio dell’intero ambiente. L’ecosistema agricolo ha risentito di questa situazione, poiché la perdita dei raccolti di riso ha aumentato il problema della scarsità d’acqua. La coltivazione del riso, infatti, richiede la completa sommersione del terreno nel l’estate, che è anche la stagione più importante”. “Dal punto di vista idrico. Questi terreni allagati diventano veri e propri bacini di ritenzione idrica e un rifugio naturale per molte specie di uccelli che potrebbero dover migrare altrove. La ricoltivazione ha quindi una funzione produttiva da un lato , e dall’altro garantisce la tutela della biodiversità.”
Quali sono i danni per i lavoratori del settore?
“Il 90% delle terre risicole si trova tra Vercelli, Novara e Pavia ed è molto preoccupante pensare che un gran numero di coltivatori di queste zone abbiano dovuto chiudere le loro attività. Questo è un duro colpo per l’economia e si ripercuote sul occupazione di oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori coinvolti nell’intera filiera.Molti agricoltori si sono spostati verso altre colture, ma è evidente che non tutti hanno avuto la possibilità di affrontare uno sforzo così forte ed estenuante in un territorio che non è caratterizzata da diversità agricola: per queste terre il riso rappresenta un patrimonio storico, culturale e architettonico e costituisce una realtà sociale e produttiva unica nel panorama italiano ed europeo.
La riduzione del riso ha aumentato il costo per il consumatore?
“È chiaro che quando la produzione viene dimezzata in modo significativo, il prezzo delle materie prime tende di conseguenza a salire. Ma ciò che è preoccupante è che, nonostante questo aumento, l’agricoltore non è riuscito a ottenere un margine di profitto soddisfacente. Tutto a causa della produzione i costi che sostiene Sono aumentate anche le aziende agricole, e in molti casi è stato preferibile abbandonare la coltivazione del riso”.
Se manca il riso, da dove viene?
“Prevalentemente dai paesi asiatici, in particolare quelli che rientrano nell’accordo EBA (Tutto tranne le armi), che consente ai paesi meno sviluppati come Cambogia e Myanmar di poter esportare riso in Europa senza restrizioni quantitative, esente da dazi. Questi paesi importano riso con costi di produzione molto più bassi, ma purtroppo in Italia non viene rispettato lo stesso processo di qualità in termini di ambiente, salute e lavoro.Nel 2019 abbiamo chiesto e ottenuto dall’Europa una clausola di salvaguardia che prevedeva una riduzione dei dazi doganali per tre anni.Ma in 2022 Tutto è tornato come prima e dalle 200mila tonnellate di riso importato nel 2019 siamo arrivati alle oltre 400mila tonnellate di recente attività commerciale.Per questo sono necessari interventi mirati per tutelare le produzioni interne e chiedere che quelle che importano in Italia rispettano “Gli stessi standard di qualità. C’è bisogno, insomma, di reciprocità”.