Il regista italiano Ettore Scola in una foto 6 settembre 2013 – (Foto: Alessandro Bianchi)
Ettore Scola completerà lunedì 10 maggio, 90 anni. Si è spento nel 2016, all’età di 84 anni, ed è stato l’ultimo anello di congiunzione con una grande generazione del cinema italiano, forse la più grande di tutte. Anche se più giovane, è ancora in contatto con i fondatori del Nuovo Realismo Italiano, movimento aperto nel 1945 con l’antologa romana – Cidade Aperta, di Roberto Rossellini. Oltre a Rossellini, le figure di tutela di questo movimento furono Vittorio de Sica e Lucino Visconti, oltre a Cesar Zavatini, sceneggiatore e mentore intellettuale del gruppo.
Il neorealismo nasce direttamente dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), ispirato dalla resistenza dei “Partigiani” nella loro lotta contro il fascismo e con l’idea che non potrà mai ripetersi. Per non ripetersi, occorre evitare le condizioni che lo hanno originato. Da qui il carattere sociale della maggior parte dei film, attenti alla cronaca di una realtà poco convincente e alle sue più profonde contraddizioni. Fu un impulso iniziale che portò nello spirito l’eroismo dei combattenti antifascisti, ma svanì quando le condizioni nel paese cambiarono.
Tuttavia, se il nuovo realismo è datato, la sua influenza si è dimostrata duratura e stimolante per i registi delle generazioni successive. Il suo DNA è ancora oggi presente, almeno nella migliore produzione italiana. Ha influenzato altra cinematografia, come il cinema brasiliano, attraverso le opere di Nelson Pereira dos Santos in particolare, il precursore del cinema Novo.
Scola è nato nel 1931 e ha vissuto intensamente con la seconda generazione del neorealismo, in particolare con Federico Fellini, che è stato suo collega in un giornale e poi co-protagonista nel film. Fellini veniva da Rimini e Scuola da Trevico. Si sono conosciuti a Roma. Fellini aveva undici anni più del suo collega e, in qualche modo, lo ha assistito all’inizio della sua carriera giornalistica. Questi fatti sono ricordati nell’ultimo film di Scola, Que Que Estranho-se Federico (2013), in onore del suo amico, morto nel 1993, 20 anni prima.
L’amicizia è durata. Fellini fa riferimento anche a uno dei più grandi film di Scola, We Who Loved Us So Much (1974), un’immagine della generazione che sognava un mondo migliore, e dopo l’esperienza del 1968 e nel bel mezzo degli anni di leadership italiani, hanno viaggiato se costretto a trovare un equilibrio politico negativo, era sull’orlo del fallimento e con questo però diluisce la tenerezza e il conforto dell’amicizia.
Scola è stato un artista progressista, ma non è mai stato un opuscolo o un settario, è rimasto attento ai conflitti e alle contraddizioni sociali, senza dimenticare così il carattere fragile e contraddittorio dei protagonisti del suo romanzo. Per questo, uno dei suoi migliori film è Ugly, Dirty and Evil (1976), in cui descrive la sofferenza dei diseredati, ma anche la brutalità dei meno privilegiati, senza ricorrere ai cartoni animati o allo spirito della filantropia cristiana. A questo punto, ha avuto una franca conversazione con un altro insegnante, lo spagnolo Luis Buñuel.
In un altro disco, On A Very Special Day (1977), mostra come si possa creare una combinazione di drammi personali e tragedie di gruppo. Sophia Loren fa la gentile moglie italiana che resta a casa mentre il marito ei figli partecipano e loda l’incontro tra Mussolini e Hitler, che porta alla chiusura dell’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista. Nel palazzo rimase solo la donna e un altro inquilino, disinteressato a quel partito fascista e gay che viveva di Marcelo Mastroianni. I due approcci, in quel giorno così speciale, si uniscono per un momento al loro isolamento, ma non riescono a lasciare andare i loro bozzoli emotivi.
Dalle opzioni oggettive, si può vedere che Scola ha un interesse speciale per la storia, quella vecchia signora con un grande aga, la proprietaria degli anelli e dei processi che cambiano il corso dell’umanità. Ma conosce scorciatoie per spostarsi tra vecchio e piccolo, tra politico e personale, tra epico e intimo, come in Umm Diaa in particolare.
In Casanova and Revolution (1982), Mastroianni riporta, per vivere ora l’archetipo del seduttore, il veneziano Giacomo Casanova. In una conversazione con John Ford in In Time of Diligence, ha fatto di un carro una sorta di microcosmo dell’Europa durante la Rivoluzione francese. Come sfondo, ha imprigionato la coppia reale fuggitiva Luigi 16 e Maria Antonietta che stavano cercando di lasciare il paese. L’arresto avvenne nel 1791 nella piccola città di Varennes, nel nord del paese. È stato un fatto importante nel corso della Rivoluzione francese. Ma non preserviamo il film dal suo meraviglioso dipinto storico quanto preserviamo l’intimo blues dell’anziano Casanova, che non è proprio adatto all’arte dell’amore.
In O Baile, Scuola osa trasformare una sala da ballo francese in un altro microcosmo, la società europea, come mostrano i suoi passaggi più vistosi, dagli anni Venti al 1983. Non ci sono dialoghi, solo musica e attori. In una delle scene più commoventi, un ex ballerino, il più abile nella sala da ballo, insiste nel ballare, anche se ha perso una gamba in una delle tragiche guerre del continente.
Nel suo corso, Scola contempla altri temi del suo tempo: la crisi del cinema in splendore (1988), la catastrofe del Partito comunista italiano di fronte al neoliberismo prevalente in Mario, Maria e Mario (1993), il personaggio devastante di disuguaglianza sociale in The Story of a Poor Young Man (1995), Brutal Competition, è stato eletto come il sale della terra in un mondo che aveva perso la sua anima, in Unfair Competition (2001). Questi sono film che vale la pena rivedere. Tutti ci dicono qualcosa di importante e lo fanno con lo stile elegante di Scola.
In una professione con molti punti alti, è difficile trovare le vette di questo magnifico percorso. Potrebbe essere impegnato in un mucchio di lavori. Noi che ci siamo tanto amati, A Very Special Day, Casanova and the Revolution e This Straordinario Viaggio del Capitano Tornado (1991), con una grande interpretazione di Massimo Truesi nei panni di Pulcinella.
Quest’ultimo è forse l’epitome della poesia di Scola. Ispirato dal libro di Théophile Gautier Capitaine Fracasse, viaggia attraverso la storia attraverso l’improvvisazione della Commedia dell’arte e stabilisce un rapporto di continuità nell’avventura umana facendo emergere il passato nel panorama parigino contemporaneo. Non è mai meno che eccezionale.