Durante i miei anni da studente di ingegneria, tra il 1963 e il 1967, era comune per quelli della mia classe, con arroganza, anche rudemente, pensare che noi fossimo artisti eccezionali mentre altri in ingegneria non erano altro che betoniere. Più cazzate del cretino, l’ho scoperto, durante il corso, quando ho preso lezioni di stress con il compianto Roberto Zocolo, il mago che ha trasformato in realtà il prezioso progetto del Museo d’Arte di San Paolo, ideato gratuitamente da Lina Bo Bardi. Allungamento, senza colonne, assurdo 74 m.
Uno degli alunni di Zuccolo, Cyro de Laurenza, anche lui di origini italiane, è stato uno dei migliori insegnanti che abbia incontrato, dalle elementari all’università e anche ai miei studi post-laurea. Era un poeta, un giovane maestro in forma di angelo barocco, che non ammetteva che lo avremmo chiamato maestro. Grazie a Cyro, ero così affascinato dalla disciplina apparentemente rurale che, nelle sue prove, è andato oltre il soggetto richiesto e ha persino suggerito strutture fantasiose audaci. In seguito ha continuato la sua carriera nella pubblica amministrazione e in un’occasione, quando ho visitato un famoso bar di musica dal vivo a San Paolo, mi ha sorpreso come un eccellente sassofonista in una band amatoriale chiamata Swingin’ Sound. Esibizione strepitosa ed emozionante.
Dato che ora il veterano Cyro mi influenza come uno dei primi autori di un libro davvero interessante, la mia vitaA cura di Laserpress, 306 pagine Che, a giudicare dal titolo, suona autobiografico, ma va ben oltre. Si tratta, infatti, della sensazionale saga “familiare”, miscuglio di origini diverse dai Velha Boots, dal Veneto al sud, salernitano principalmente, che, come il mio, si adoperò per il “risorgimento” in America. la mia vita Non è solo una banale presentazione dei fatti ovvi in ordine cronologico. Con il pacato e affettuoso supporto della giornalista Anna Maria, che dal 1983 è anche sua moglie, ha realizzato un’opera dal testo impeccabile, in cui le descrizioni si sono arricchite di ricordi del passato.
Il primo capitolo, “L’ultimo incontro, ho perso mio padre oggi”, datato settembre 1939, è sorprendente nella cinematografia. C’è una rissa di strada, nel quartiere Bras di San Paolo, tra la Serraria do Almeida e la linea ferroviaria Central do Brasil, il piccolo Cyro in grembo alla “mamma” Vanice e sua sorella Lelé di 6 anni, aggrappati al padre gonna. Di fronte ai passanti che a volte ignorano, a volte si torcono e a volte cercano di separarsi, un signore, il padre di Vaness, e suo marito, un giocatore di carte e giocatore d’azzardo fuori controllo dei cavalli, avevano abbandonato la signora e si sentivano in diritto di rivedere il bambino. In una tale controversia il bookmaker ha perso. Sconfitto, scomparve dalle vite di Cyro, Lelé e Vanice.
Lo stile lirico, tra il sentimentale e il disinvolto, o tra il dolore e l’ironia, con cui Cyro descrive la scena già prefigura come seguirà la sua immersione emotiva nelle avventure delle “persone coraggiose” che, opportunamente, hanno esplorato gran parte dell’oriente lato di San Paolo. Fare pipì. Le sue frasi emanano dagli odori delle salse, dal sapore delle lacrime, dalla febbre e dalla paura dello scoppio della seconda guerra mondiale. Peccato per te la mia vita Non andare oltre il 1945. Chi legge il libro senza conoscere altri dettagli del suo lato professionale, al tavolo da disegno o sulla sua scrivania, non saprà che, dagli anni Ottanta, si batte attivamente per la valorizzazione del trasporto ferroviario in Paese. “Apprezzare”? Ah, quella parola è solo un’espressione triste per qualcosa che non esiste più.
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